Sacre Icone Aurel (Umile servo di Dio)

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Efrem il Siro Preghiera








Signore Gesù Cristo,
che hai potere sulla vita e sulla morte,
tu conosci ciò che è segreto e nascosto,
i pensieri e i sentimenti non ti sono velati.
Guarisci i miei raggiri e il male fatto nella mia vita.
Ecco, la mia vita declina di giorno in giorno,
ma i miei peccati crescono.
Signore, Dio delle anime e dei corpi,
tu conosci l'estrema fragilità della mia anima e del mio corpo,
concedimi forza nella mia debolezza,
sostienimi nella mia miseria.
Dammi un animo grato:
che mi ricordi sempre dei tuoi benefici,
non ricordare i miei numerosi peccati,
perdona tutti i miei tradimenti.
Signore, non disdegnare questa preghiera,
la preghiera di questo misero.
Conservami la tua grazia fino alla fine,
custodiscimi come per il passato. Amen.

EFREM IL SIRIO



 Di sant’Efrèm il Siro.


Il fratello deve tutelare con ogni mezzo preventivo il cuore e i sensi, perché in questa vita abbiamo una grande guerra ed il nemico (diavolo) è furioso soprattutto verso i combattenti (spirituali) e s’aggira, come dice la Scrittura, “alla ricerca di qualcuno da divorare” (1 Pietro 5, 8).
Bisogna dunque opporsi a lui con vigore, chiedendo il soccorso di Dio.
Ma come combatterà le passioni chi s’è alleato con esse ed ha reso ormai se stesso servo dei piaceri, versando di buon grado tributi al tiranno?
Perché dove c’è rivalità, li c’è anche guerra e dove c’è guerra vi è lotta e dov’è la lotta lì le corone (della vittoria).
Se dunque ci si vuole liberare dall’amaro asservimento, si dichiari guerra al nemico.
Perché così hanno fatto anche i Santi. E dopo averlo vinto, gli è stato concesso di godere i beni celesti. Ma qualcuno potrà domandare: “Se effettivamente dove c’è ostilità verso le passioni li è naturale che vi sia la guerra, come hai detto, perché vediamo il lussuriosi venire combattuti terribilmente dalle turpi passioni e non accettare il pentimento?”
Gli potrei rispondere così: Non penso, caro, che questa guerra sia per la virtù e contenga resistenza al nemico. É piuttosto una passione a causa delle schiavitù alle passioni e alla lussuria. (Per questo i lussuriosi non dissentono con il nemico sulla volontà). Perché coloro che si combattono non sono d’accordo in niente. Come allora si potrebbe parlare di vera guerra nel caso di coloro che si sono consegnati ai voleri del nemico e si sono venduti ai piaceri? E se vengono combattuti, questo non è dovuto al fatto che lottano per la virtù ed irritano il nemico, ma perché non sanno come rispondere al loro empio accordo, come pagare i soliti tributi (del peccato) e come interrompere, neanche per un po’, il soddisfacimento dei turpi desideri, a cui volontariamente si consegnano come schiavi. Perché, come è scritto: “ciascuno infatti rimane schiavo di ciò che lo vince.” (2 Pietro 2,19).
Costoro dunque non sono condotti involontariamente e con forza (al peccato), ma offrono anche soldi per fare il volere di colui che li traviò. Per questo, una volta commesso il male, non mostrano alcun pentimento né continenza né prudenza per non cadere di nuovo. Al contrario, la lotta dei combattenti (spirituali) non avviene così.
Per quando fanno combattimenti (del diavolo), lo combattono anche loro. E quando bruciano dal desiderio carnale, si contengono e quando si rattristano, portano pazienza, e quando è presente lo stesso oggetto della tentazione, la rigettano grazie al timor di Dio.
E se capita di cadere in fretta ci si rialza. Perché, come tra chi è stato fatto prigioniero dai barbari ed è caduto nelle mani di qualche tiranno, alcuni si rallegreranno dei successi dei loro (nuovi) padroni e restano a fianco del nemico con piacere, senza catene o prigione, combattono per lui e arrivano al punto di diventare anche spie a danno dei compatrioti; ad altri invece dispiace la prigionia, aborriscono tanto i costumi dei barbari quanto la loro società incivile e non vedono l’ora di scappare ed avere l’occasione di ritornare subito dai loro compagni e godere della libertà di prima, contando pure sull’aiuto dei compatrioti. Essi, non appena sfuggiti ai nemici, subito ridiventano loro avversari, combattendoli insieme ai compagni insieme ai quali ottengono la vittoria.
Quanti dunque desiderano liberarsi dall’amara schiavitù del nemico, debbono opporsi ai suoi voleri e muovergli guerra aperta dopo avergli detto con tutto il cuore, le parole dei tre fanciulli: “Sappi, o diavolo, che non ascolteremo la tua voce e non adoreremo più i tuoi piaceri” (Cfr.Daniele 3,18).
Si deve, anzi, nel momento della lotta, chiedere l’aiuto divino dicendo anche insieme ai tre fanciulli, a Dio: “Signore, ora noi ti seguiamo con tutto il nostro cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto, non svergognarci ma agisci con noi secondo la tua benignità e l’abbondanza della tua misericordia! Liberaci con la tua mirabile potenza e dà gloria al Tuo Nome, Signore! Retrocedono invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi, siano ricoperti d’infamia, resi impotenti e la loro forza sia spezzata. E sappiamo che Tu, Signore, sei l’unico Dio glorioso su tutta la terra! (Daniele, Inno dei tre fanciulli, 41-45).
E se il tiranno  s’infuriasse per la rabbia ed alimentasse la fornace dei piaceri sette volte di più (Cfr. Dn. 3,19), si faccia coraggio chi ha fiducia nel Signore! Perché dopo un po' il fuoco si trasformerà in rugiada ed il tiranno, prima temuto, tremerà d’ora i poi anche alla vista dell’ombra delle sue vittime, grazie all’aiuto inviato loro dal cielo.
Chi voglia compiacere a Dio e diventare suo erede attraverso la fede ed essere lui stesso figlio di Dio, nato dallo Spirito Santo deve, dopo aver acquisito innanzi tutto la longanimità e la pazienza, sopportare con coraggio e gratitudine gli affanni e le difficoltà che incontra, ossia malattie corporali e dolori, umiliazioni ed offese dagli uomini o varie guerre invisibili mosse contro l’anima dagli spiriti malvagi che vogliono renderla fiacca e negligente.
Tutto ciò avviene per economia divina che permette che si venga messi alla prova con varie afflizioni affinché si mostrino quelli che lo amano con tutta l’anima. Sopportano con coraggio e piacere tutte le provocazioni del maligno e non perdendo la speranza e la fiducia in Lui, ma sempre aspettando con molta fede e pazienza di redimersi dalle prove con l’aiuto della Grazia.
In tal modo si potrà sfuggire ad ogni tentazione e conseguire così l’adempimento della promessa, dopo essersi rivelati degni del Regno, con il seguire le orme dei Santi d’ogni epoca e del Signore stesso, e compartecipi non solo delle loro tribolazioni ma anche della gloria (Cfr. 2 Cor. 1,7).
Nota dunque e vedi come all’inizio tutti i padri, i patriarchi, i profeti, e gli apostoli ed i martiri sono riusciti in questo modo a farsi apprezzare da Dio, passando cioè attraverso la via delle afflizioni e tentazioni e sopportando con costanza e gioia ogni difficoltà, grazie alla speranza della ricompensa attesa, come dice anche la Scrittura: “Figlio, se ti muovi a servire il Signore prepara il tuo animo alla prova; tieni pronto il tuo cuore e fatti coraggio” (Sim. 2, 1-2). Mirando a Dio, si vuol dire, prendere forza dalla speranza in Lui.
E l’apostolo inoltre dice: “Se invece siete senza correzione, dalla quale tutti siete diventati partecipi, allora siete dei bastardi e non figli” (Eb. 12,8).
Ed il Signore beatifica coloro che lottano per Lui e si torturano duramente, sia palesemente dagli uomini sia di nascosto dagli spiriti maligni che fanno guerra, come s’è detto, all’anima che ama Dio è procurano ad essa varie afflizioni per impedirgli l’ingresso nella vita eterna, se certo riescono a farla scivolare nella trascuratezza e disperazione.
Le tentazioni di conseguenza, mettono alla prova e separano le anime che amano Dio da quelle che non l’amano e così rivelano quali siano degne di Dio e quali indegne.
Ogni anima, dunque, che voglia compiacere al Signore mantenga con coraggio, innanzitutto, la pazienza e la speranza; e cosi potrà sopportare e superare ogni attacco e provocazione del maligno. Perché Dio, ad un’anima che spera in Lui e lo aspetta con pazienza, non permette che cada in una tentazione cosi grande da perdere la speranza davanti ad un peso che non può sopportare (v. 1 Co. 10,13). Neppure il maligno però tenta e tormenta l’anima a suo piacimento ma quanto Dio gli permette. Perché il Creatore sa quanto l’anima debba essere provata e tentata.







 
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